La Corte di Cassazione ritorna ad occuparsi della responsabilità dell’ente pubblico gestore della strada in occasione di cadute accidentali provocate da buche o situazioni di dissesto o degrado.
Lo fa con la recente ordinanza n. 19078 del 11/7/2024, decretando che anche il pedone “distratto” ha diritto ad essere risarcito dei danni materiali o fisici subiti a causa di una caduta per una buca o altra insidia presente sulla pubblica strada (o marciapiede). La possibile disattenzione di un pedone, secondo la Suprema Corte non può escludere la responsabilità dell’Ente pubblico proprietario o gestore di strade , marciapiedi o altri spazi pubblici, sempreché tale disattenzione non debba ritenersi “abnorme”.
Il fatto in concreto riguarda una signora che era caduta con una gamba in un tombino che si trovava a lato di una strada comunale e coperto da rami e foglie. Il Comune, che si era visto dapprima condannare ad un risarcimento di 39.153,00 euro, ricorreva in Appello ma si vedeva rigettare l’impugnazione. Come ultima istanza ricorreva quindi alla Corte di Cassazione con la richiesta di annullare la sentenza. L’Amministrazione comunale sosteneva infatti che non ci fosse una chiara correlazione di causa-effetto tra la caduta e le condizioni della strada comunale, ma soprattutto che non fosse stata presa in considerazione la condotta disattenta della signora che, invece, sarebbe stata motivo di esclusione di responsabilità del Comune. Il cosiddetto “caso fortuito” che secondo quanto disposto dall’art. 2051 del Codice Civile esclude la responsabilità del custode del bene
La Corte di Cassazione, con una decisione importante ha invece confermato la responsabilità dell’Amministrazione comunale precisando appunto che, nel caso in questione, il Comune era tenuto alla custodia bel bene pubblico e a controllare che il tombino non rimanesse aperto e per di più nascosto da foglie o rami.
La Corte ha sottolineato il principio giuridico secondo cui la presenza di buche o di situazioni di degrado sulla pubblica strada, anche se visibili, non giustifica automaticamente l’attribuzione della responsabilità ad una condotta poco attenta del pedone. Infatti una eventuale condotta imprudente del pedone non può considerarsi un fattore assolutamente imprevedibile. E’ noto che quando si cammina non si guarda sempre per terra dove si mettono i piedi ma, al contrario si guarda avanti e molto spesso si può essere distratti da situazioni contingenti o anche essere nell’impossibilità di vedere eventuali ostacoli per la presenza di altre persone. Perché la condotta disattenta del pedone possa assumere efficacia causale esclusiva è necessario che questa condotta o comportamento siano “abnormi” o in altre parole imprevedibili nel novero dei possibili comportamenti o che il danneggiato sia stato ben a conoscenza della presenza dell’insidia sul percorso intrapreso.
Per quanto riguarda l’onere della prova che spetta al danneggiato, questi dovrà sempre poter dimostrare la presenza dell’insidia e il nesso causale tra l’insidia e le lesioni riportate. Ma dovrà anche provare, molto spesso attraverso una testimonianza di una persona che ha assistito al fatto, che la caduta è avvenuta in quel giorno, in quel luogo e a causa dell’insidia
Le informazioni sono di carattere generale. Per aggiornamenti legislativi o casi specifici è sempre consigliabile la consulenza di un professionista